03/07/2024
SLA, il riutilizzo di farmaci incentiva l’avvio di nuove strategie terapeutiche
Un articolo (1) di recente pubblicazione su Frontiers in Medicine mostra come il riutilizzo di farmaci per indicazioni d’uso o per malattie diverse può generare innovazione ed accelerare l’individuazione di soluzioni terapeutiche innovative anche per malattie rare come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
Nell’articolo è evidenziato il caso dello studio clinico multicentrico PROMISE con il farmaco guanabenz, in passato approvato come antipertensivo, i cui risultati incoraggianti in ambito SLA, anche se non direttamente applicabili come terapia per i pazienti, hanno portato allo sviluppo di una nuova sperimentazione attualmente in corso con un derivato dello stesso farmaco e dato impulso a nuove ricerche.
Il trial PROMISE di Fase II, coordinato dal professor Giuseppe Lauria Pinter, direttore del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche della Fondazione IRCSS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano e finanziato da Fondazione AriSLA, partiva dai dati raccolti da studi preclinici che avevano osservato una azione di diminuzione dello stress cellulare causato dall’accumulo di proteine formate erroneamente, condizione che si verifica nella SLA.
I risultati del trial, che erano stati pubblicati su Brain (2), hanno indicato che i pazienti che hanno assunto il farmaco alle dosi più alte insieme a riluzolo hanno avuto una progressione della malattia significativamente più lenta. In particolare, l’efficacia è stata dimostrata nei pazienti con la forma bulbare della malattia, ovvero quella in cui la degenerazione coinvolge primariamente i motoneuroni responsabili della contrazione dei muscoli utilizzati per la deglutizione e il linguaggio. Diverse criticità non hanno consentito di proseguire lo studio con questo farmaco. Tuttavia, i risultati incoraggianti riscontrati nei pazienti con forma di SLA bulbare hanno attratto l’interesse di una azienda farmaceutica che sta ora conducendo una nuova sperimentazione con la molecola icerguastat, un derivato di guanabenz, che agisce sulla stessa via molecolare, senza avere però un effetto ipertensivo.
Questo nuovo studio multinazionale coinvolge 6 Centri italiani, la cui partecipazione è coordinata dalla Fondazione IRCSS Istituto Neurologico Carlo Besta, e 10 Centri francesi e ha l’obiettivo di confermare se icerguastat (in sigla IFB-088, noto anche come Sephin1), assunto sempre insieme a riluzolo, sia in grado di rallentare il decorso della SLA nei pazienti con esordio bulbare. Lo studio sta beneficiando anche di un finanziamento di 943mila dollari dalla Associazione SLA statunitense per ulteriori approfondimenti molecolari, a dimostrazione della sinergia che si può creare tra i vari stakeholder che si occupano di ricerca sulla SLA a livello internazionale.
Anche Fondazione AriSLA ha recentemente selezionato un progetto di ricerca derivato dai risultati generati dallo studio PROMISE, si tratta dello studio BULB – OMIC, coordinato da Eleonora Dalla Bella della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, che cercherà di identificare profili molecolari definiti per verificare se la SLA bulbare possa rappresentare un sottotipo biologicamente definito di SLA.
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