08/05/2024
Editing del genoma: guariti da talassemia e anemia falciforme grazie alle "forbici" molecolari
Guariti grazie alle “forbici” molecolari in grado di correggere i difetti del DNA: sono i pazienti con talassemia e anemia falciforme coinvolti in due studi internazionali che hanno visto l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù tra i centri di ricerca protagonisti della sperimentazione, basata sulla tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9.
Il 91% dei pazienti talassemici ha raggiunto l’indipendenza dalle trasfusioni periodiche, che per i soggetti affetti da questa malattia sono necessarie per mantenere adeguati i valori di emoglobina nel sangue.
Il 97% dei pazienti con anemia falciforme è divenuto invece libero dalle crisi vaso-occlusive, che possono provocare complicanze gravi e fortemente invalidanti.
Le forbici molecolari sul gene BCL11A
I due studi internazionali, promossi da Vertex Pharmaceuticals e Crispr Therapeutics, si basano sull’osservazione del gene BCL11A, che svolge un ruolo fondamentale nella produzione di emoglobina nel sangue al termine della vita fetale. Quella presente nel feto, infatti, è un tipo di emoglobina diversa (chiamata appunto emoglobina fetale), formata non da catene alfa-beta, ma da catene alfa-gamma. Questa specifica molecola di emoglobina viene progressivamente sostituita a partire dalla nascita, quando si attiva un meccanismo, guidato dal gene BCL11A, che blocca la sintesi delle catene gamma con la produzione, al loro posto, delle catene beta, responsabili della malattia nei pazienti con talassemia e anemia falciforme.
Il trattamento sperimentato nei due trial si basa proprio sul ripristino della sintesi dell’emoglobina fetale tramite l’editing del genoma. Le cellule staminali emopoietiche dei pazienti, prelevate tramite aferesi e selezionate, vengono modificate in appositi laboratori con il sistema CRISPR-Cas9 programmato per “spegnere” il gene BCL11A e far ripartire la produzione di emoglobina fetale alfa-gamma, con i benefici attesi. Dopo questa manipolazione genetica, le cellule modificate vengono infuse nei pazienti che nel frattempo sono stati sottoposti a una terapia farmacologica per “distruggere” il midollo, in modo da fare spazio alle nuove cellule staminali ingegnerizzate che si moltiplicheranno correggendo la malattia.
Nel 2021 sul New England Journal of Medicine erano stati pubblicati i casi di un paziente talassemico e di un paziente falcemico trattati con questo approccio, come dimostrazione “di principio” dell'efficacia della terapia. Già allora l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù era coinvolto nella sperimentazione, che è poi proseguita con lo sviluppo dei due studi multicentrici dove sono stati arruolati numerosi pazienti di età compresa tra i 12 e i 35 anni trattati con questo approccio. Per il primo studio, CLIMB-111 (1), dedicato ai pazienti con talassemia, l’Ospedale pediatrico della Santa Sede è stato il centro di coordinamento internazionale, con il prof. Franco Locatelli prima firma, avendo coordinato lo studio e reclutato il maggior numero di pazienti. Per il secondo studio, CLIMB-121 (2), dedicato ai pazienti con anemia falciforme, il Bambino Gesù è stato il secondo centro internazionale per arruolamento di pazienti, nonostante la partecipazione di numerosi centri statunitensi.
I risultati
Lo studio CLIMB-111 ha coinvolto a livello internazionale 52 pazienti con talassemia di cui 14 arruolati dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Trentacinque pazienti avevano un follow-up di 16 mesi, considerato sufficiente per valutare l’efficacia dell’approccio al momento della presentazione dei risultati. Trentadue su 35 avevano ottenuto la completa indipendenza trasfusionale, pari a una percentuale di poco superiore al 91%. Se si estendono i tempi del follow-up, tutti e 52 i pazienti coinvolti nello studio hanno ottenuto l’indipendenza trasfusionale, definita come un valore di emoglobina maggiore o uguale a 9 g per decilitro di sangue per almeno un anno di tempo. Il valore medio di emoglobina registrato nei pazienti è stato infatti pari a 13,1 g per decilitro (11.9 g di emoglobina fetale). Sono valori persino superiori di quelli osservati nei genitori, che sono portatori del carattere di questa patologia autosomica recessiva (un figlio su quattro eredita la malattia). Valori che persistono nel tempo, perché i livelli di emoglobina registrati non diminuiscono nei pazienti con più lungo follow-up (4 anni fa la prima infusione) e anche la presenza delle cellule editate, sia nel sangue periferico che nel midollo, non cambia nel tempo e si mantiene stabile. Il profilo di sicurezza, infine, è del tutto congruente con quello di un trapianto autologo e decisamente migliore rispetto a quello che si associa al trapianto allogenico, che infatti anche prima della messa a punto di questa nuova terapia veniva limitato ai soggetti sino ai 12-14 anni, perché sopra questa fascia di età i rischi del trapianto diventavano troppo elevati.
Nello studio CLIMB-121 sulle anemie a cellule falciformi sono stati inclusi 44 pazienti (7 arruolati dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù) anch’essi tra i 18 e i 35 anni, con un’età media di 21 anni. In questo caso, l’obiettivo atteso non era l’indipendenza dalle trasfusioni, ma l’assenza di episodi vaso-occlusivi per almeno 12 mesi consecutivi. Trenta di questi pazienti avevano un follow-up sufficiente per essere valutati. Ventinove di loro (97%) sono diventati liberi da crisi vaso-occlusive. Anche in questo caso i livelli di emoglobina di questi pazienti sono decisamente buoni, con una percentuale di emoglobina fetale superiore al 40%. Ed anche in questo caso il beneficio risulta sostenuto nel tempo.
Alla luce di questi dati, la terapia basata su tecniche di editing del genoma (exagamglogene autotemcel, exa-cel) per il trattamento di talassemia e anemia falciforme si presenta oggi come un’opzione terapeutica efficace e che può essere offerta teoricamente ad ogni paziente, perché non è condizionata dalla necessità di avere un donatore compatibile (ogni paziente serve da donatore di sé stesso). Exa-cel è stata approvata dalla FDA e dall’EMA per i pazienti di età superiore ai 12 anni. Per i pazienti di età inferiore ai 12 anni sono in corso due nuove sperimentazioni all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che ha già trattato due bambini talassemici e due bambini falcemici con risultati incoraggianti, a conferma dell’efficacia della terapia indipendentemente dall’età del soggetto.
Per il prof. Franco Locatelli, responsabile dell’area clinica e di ricerca di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico del Bambino Gesù di Roma “La pubblicazione dei due studi rappresenta una pietra miliare per quello che è il cambiamento di scenario terapeutico e il potenziale definitivamente curativo di queste due patologie così diffuse nel mondo. Un risultato che dimostra una volta di più la capacità e la determinazione dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù nell'investire in terapie innovative in grado di cambiare la storia naturale di malattie così complesse. Questi studi testimoniano come l'Ospedale presti attenzione a tutto quello che può cambiare la probabilità di sopravvivenza e la qualità di vita dei malati affetti da malattie genetiche”.
1. Locatelli F, Lang P, Wall D, et al. Exagamglogene Autotemcel for Transfusion-Dependent β-Thalassemia. N Engl J Med. 2024 Apr 24. doi: 10.1056/NEJMoa2309673. Online ahead of print.
2. Frangoul H, Locatelli F, Sharma A, et al. Exagamglogene Autotemcel for Severe Sickle Cell Disease. N Engl J Med. 2024 Apr 24. doi: 10.1056/NEJMoa2309676. Online ahead of print.
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