02/02/2024
Terapia con cellule CAR-T: al Bambino Gesù trattati i primi tre pazienti con malattia autoimmune
Due ragazze e un bambino di 12 anni sono i primi pazienti pediatrici affetti da gravi patologie autoimmuni ad essere stati trattati con cellule CAR-T capaci di mandare in remissione la loro malattia. Si tratta di un’applicazione innovativa della terapia genica basata sulla manipolazione dei linfociti T del paziente, sperimentata per la prima volta in ambito pediatrico su questo tipo di patologie.
I risultati del trattamento, eseguito presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, sono stati presentati recentemente a Padova, nell’ambito dei lavori del Centro Nazionale 3 per lo sviluppo della terapia genica previsto dal PNRR, e a Rotterdam in occasione dell’ultimo Congresso Europeo di Reumatologia Pediatrica.
I tre pazienti trattati con le cellule CAR-T erano affetti da forme molto gravi di Lupus eritematoso sistemico, una malattia cronica che può attaccare reni, polmoni e sistema nervoso centrale, e dermatomiosite, una rara patologia infiammatoria autoimmune che colpisce la cute ed i muscoli scheletrici.
La terapia con cellule CAR-T
Nella recente letteratura scientifica sono descritti 5 casi di pazienti adulti con Lupus eritematoso trattati con successo grazie alla terapia con cellule CAR-T, più comunemente usata nell’ambito delle malattie neoplastiche, quali leucemie, linfomi e mielomi. Da questo precedente nasce l’idea dei ricercatori del Bambino Gesù di testare la stessa soluzione per la prima volta anche in ambito pediatrico, utilizzando il “costrutto” che aveva funzionato con gli adulti affetti da Lupus, ossia il prodotto di terapia genica messo a punto in questo caso dall’azienda biotecnologica Miltenyi. Di qui la richiesta ad AIFA di uso non ripetitivo (hospital exemption) del trattamento CAR-T per 3 pazienti con forme di malattia autoimmune particolarmente gravi e refrattarie ai trattamenti convenzionali.
La terapia con CAR-T prevede la manipolazione in laboratorio dei linfociti T del paziente per renderli capaci di riconoscere, attraverso l’introduzione di una sequenza di DNA che codifica per una proteina chiamata recettore chimerico (CAR, Chimeric Antigen Receptor). Nelle leucemie linfoblastiche acute e nei linfomi non Hodgkin questa proteina riconosce un bersaglio rappresentato dall’antigene CD19, espresso dalle cellule tumorali, che vengono in questo modo riconosciute e attaccate. Lo stesso antigene CD19 è espresso anche dai linfociti B del sistema immunitario, che nel caso del Lupus eritematoso e delle dermatomiositi giocano un ruolo cruciale nel determinare la malattia.
“Usando lo stesso bersaglio – spiega Franco Locatelli, responsabile dell’area di Oncoematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Pediatrico Bambino e professore Ordinario di Pediatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore – trasliamo il medesimo approccio di terapia genica da un contesto di malattia neoplastica (leucemie e linfomi) a un contesto di patologia non neoplastica, ma dove gli elementi che producono il danno sono i B-linfociti che esprimono CD19”.
I risultati del trattamento
Tutti e tre i pazienti trattati con terapia genica dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù hanno riscontrato benefici rilevanti e sostenuti nel tempo. A distanza di diversi mesi dal trattamento con cellule CAR-T, coerentemente con quanto riscontrato nei pazienti adulti descritti in letteratura, sono in remissione di malattia e non assumono più farmaci immunosoppressori.
La prima paziente, una ragazza di 17 anni affetta da Lupus, è a quasi 9 mesi dall'infusione di cellule CAR-T. Il secondo paziente, un bambino ucraino di 12 anni affetto da dermatomiosite, è a 7 mesi dal trattamento. Era seguito nella capitale ucraina prima della guerra, poi trasferito in Ungheria, infine in Italia, al Bambino Gesù di Roma, dove ha potuto beneficiare della terapia con CAR-T. La terza paziente, di 18 anni di età, anche lei affetta da Lupus, è a circa 2 mesi dal trattamento. Era stata ospedalizzata per 6 mesi di seguito, dipendente da ossigeno, più volte assistita in rianimazione, con effetti collaterali importanti dovuti alle terapie cortisoniche. Oggi è a casa in buone condizioni generali di salute.
“Sono dati assolutamente rilevanti” afferma Fabrizio De Benedetti, responsabile dell’area di ricerca di Immunologia, Reumatologia e Malattie infettive. “Tutti e 3 i pazienti avevano risposto in maniera insoddisfacente a terapie immunosoppressive aggressive, necessarie per la gravita della loro malattia, e allo stesso tempo avevano sviluppato importanti effetti collaterali. I risultati ottenuti con le cellule CAR-T ci incoraggiano a proseguire nella direzione di un trial clinico che possa comprendere un numero più ampio di pazienti pediatrici affetti da varie malattie autoimmuni in cui un ruolo fondamentale nello sviluppo è giocato dai linfociti B”.
“La terapia genica – sottolinea il presidente dell'Ospedale Bambino Gesù, Tiziano Onesti – rappresenta una sfida e un'opportunità unica per i sistemi sanitari globali. Ci consente di offrire risposte concrete a pazienti che fino a poco tempo fa erano senza speranza, affrontando malattie genetiche e condizioni cliniche gravi in modo personalizzato e mirato. Inoltre, la terapia genica promette di emancipare i pazienti da condizioni di cronicità, migliorando la loro qualità di vita e riducendo i costi a lungo termine associati alla gestione delle malattie croniche. Questa rivoluzione medica non solo offre speranza e guarigione, dunque, ma anche la possibilità di rafforzare la sostenibilità dei sistemi sanitari, liberando risorse per migliorare la salute generale e promuovere ulteriori scoperte mediche”.
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