La Rivista Italiana delle Malattie Rare
Rossella Parini1, Gioacchino Scarano2,3
1Consulente medico-scientifico per ASST San...

Rossella Parini1, Gioacchino Scarano2,3
1Consulente medico-scientifico per ASST San Gerardo, Ambulatorio Malattie Rare dell’adulto, Monza e per Ospedale San Raffaele, Milano; 2Primario Emerito di Genetica Medica, Azienda Ospedaliera Rilievo Nazionale San Pio Benevento; 3Medico Genetista Clinico responsabile dell’Ambulatorio di Genetica Medica, Ospedale Monaldi, Azienda Ospedaliera Rilievo Nazionale dei Colli, Napoli

Aspetti etici legati allo screening neonatale
In tutta Europa lo screening neonatale ha avuto un importante ampliamento negli ultimi 15 anni: gli articoli qui commentati pongono importanti questioni per valutare l’efficienza dell’attuale organizzazione ed indicare eventuali azioni correttive

Aspetti etici legati allo screening neonatale | In tutta Europa lo...

In tutta Europa lo screening neonatale ha avuto un importante...

 

Newborn screening for primary carnitine deficiency: who will benefit? - a retrospective cohort study.

Crefcoeur L, Ferdinandusse S, van der Crabben SN, et al. J Med Genet. 2023;60(12):1177–1185.

 

Riassunto
Lo screening neonatale (NBS) identifica i neonati affetti da deficit primario di carnitina (PCD) e, attraverso i valori bassi di carnitina riscontrati nel neonato, anche madri apparentemente affette, non diagnosticate in precedenza e completamente asintomatiche.

Questo studio ha valutato quali caratteristiche dei pazienti possono essere utilizzate per distinguere i soggetti che possono beneficiare di un trattamento precoce da quelli che invece non richiedono trattamento e hanno una condizione che può essere considerata benigna.

Dal 2007 al 2020 l’NBS in Olanda ha identificato 185 neonati e 112 madri con bassi valori ematici di carnitina libera. Centotrentuno genitori di neonati e 82 madri hanno dato il consenso informato allo studio. La diagnosi di PCD fu confermata in 19/131 neonati e 37/82 madri. Hanno partecipato allo studio anche 5 pazienti affetti da PCD e diagnosticati in precedenza sulla base dei sintomi. Sulla base dei dati clinici raccolti retrospettivamente, e dell’analisi delle varianti di SLC22A5 (definite classic variant se già identificate in pazienti che si erano presentati con sintomi, e screening variant se identificate in pazienti dopo diagnosi con NBS) gli autori hanno sviluppato una classificazione di gravità della malattia.

Nove casi sono stati classificati come severi: 6 sulla base dei sintomi di presentazione, tre sul fatto che i pazienti avevano un genotipo precedentemente riportato in un paziente con sintomi severi. Quarantaquattro casi (8 neonati e 36 madri) sono stati classificati come verosimilmente benigni. Per le madri sulla base del decorso della malattia, silente prima della diagnosi per screening, per i neonati sulla base di assenza di severe manifestazioni in adulti con lo stesso genotipo in letteratura o tra i casi visti in questo studio (madri). Otto neonati sono stati classificati come “severità sconosciuta” (gruppo unknown) perché le varianti di questi pazienti non erano mai state identificate in pazienti che avevano raggiunto l’età adulta senza trattamento.

La frequenza allelica nei pazienti definiti severi era 100% classic variant, nel gruppo “verosimilmente benigno” il 6% classic e il 92% screening variant, nel gruppo unknown il 56% classic e il 44% screening variant.

La mediana dell’attività di trasporto della carnitina nei fibroblasti coltivati è stata: nel gruppo “severo” 4.0% (range 3.5%-5.0%); nel gruppo “verosimilmente benigno” 26% (range 9.5%-42.5%); nel gruppo unknown, 1 solo pz testato, 8.5%. L’attività di trasporto della carnitina differiva in modo significativo (p<0.001) tra il gruppo “severo” e quello “verosimilmente benigno”.

Gli autori propongono di utilizzare i dati genetici e i risultati dell’attività di trasporto della carnitina per differenziare, dopo uno screening positivo per PCD, i pazienti con una forma severa che devono essere trattati, da quelli con un lieve deficit che potranno essere considerati forme benigne. Questa proposta dovrà essere vagliata sulla base di un database internazionale che raccolga i dati clinici, biochimici e molecolari di un numero molto più ampio di soggetti con PCD.

 

Commento
Il grande beneficio dell’NBS è che sono riconosciuti e trattati precocemente, prima dell’esordio di possibili sintomi, neonati che altrimenti potrebbero mostrare gravi segni di malattia. Alcuni di questi neonati hanno genotipi classici, cioè già identificati in pazienti diagnosticati per sintomi, e altri hanno genotipi diversi, non precedentemente segnalati per i quali non sappiamo predire l’andamento clinico in caso non fossero trattati.
PCD (OMIM #212140), è dovuto a un difetto del gene SLC22A5 che codifica la proteina di trasporto OCTN2 (Organic Cation Transporter Novel 2). La prevalenza riportata è variabile, da 1:20.000 a 1:380.000.

L’NBS permette di identificare i neonati affetti da PCD e, attraverso il riscontro di bassi valori ematici di carnitina nel neonato, identifica anche le madri affette, ma completamente asintomatiche. È ragionevole il dubbio che buona parte di queste madri sarebbero restate asintomatiche per il resto della loro vita ed è verosimile che, a causa dello screening, si siano verificati casi di eccesso di medicalizzazione. Questo è un aspetto etico dello screening che non va sottovalutato, la diagnosi genera ansia e insicurezza e il trattamento con carnitina può dare disturbi gastrointestinali e produrre uno spiacevole odore di pesce delle secrezioni corporee. Non potendo completamente soppesare i benefici dello screening contro i danni prodotti dalla medicalizzazione di individui asintomatici, la Nuova Zelanda ha sospeso lo screening per PCD. La proposta di questo studio è ragionevole: raccogliendo un numero maggiore di casi si potrà meglio verificare se i casi severi e quelli benigni potranno essere differenziati sulla base di genotipo e attività percentuale di trasporto, indicando così due vie diverse di presa in carico. Questo tipo di approccio potrebbe essere utilizzato anche per altri deficit individuati con NBS.

 

Bibliografia


Newborn screening in Italy: it is time for a deep reflection.

Pession A. JIM. 2024; 1(1): e462

 

Riassunto
In un editoriale della nuova rivista Journal of Innate Metabolism, il prof. Andrea Pession, presidente della Società Italiana per le Malattie Metaboliche e lo Screening Neonatale (SIMMESN), esamina alcuni aspetti critici dello screening neonatale in Italia sui quali la SIMMESN dovrebbe cercare di intervenire.

Dovrebbe essere verificata l’efficienza dell’attuale organizzazione dello screening neonatale per indicare eventualmente azioni correttive. L’efficienza può essere definita come il rapporto tra risorse usate e servizi prodotti ed è misurata da indicatori di performance. Questa valutazione, fatta per singola patologia o per centro, potrebbe permettere di individuare azioni correttive a riguardo.

Equità a livello nazionale: c’è disparità tra le varie Regioni per quanto riguarda sia l’organizzazione dello screening, che la disponibilità di laboratori di conferma diagnostica e di centri di cura.

C’è un problema di sostenibilità del programma di screening neonatale in Italia che recentemente è stato allargato a 59 malattie. Ricorda il prof. Pession che sviluppo sostenibile è quello che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità per le future generazioni di soddisfare i propri bisogni.

L’attuale programma NBS è sostenibile per il nostro Paese in modo equo a livello nazionale senza sacrificare i suoi livelli di qualità? Potremmo anche essere a rischio di una carenza di risorse, da parte del Servizio Sanitario Nazionale, per mantenere questa organizzazione a tempo illimitato e anche per implementare altri screening malattia (già altre 8 malattie hanno ricevuto una prima approvazione) e per mettere in atto registri di malattie, fondamentali per comprendere l’efficacia dello screening. 

 

Commento
Lo screening neonatale in tutta Europa ha avuto un importante ampliamento negli ultimi 15 anni, sulla base sia della disponibilità di tecniche di laboratorio che permettono di identificare un numero enorme di metaboliti su una sola goccia di sangue, sia della comparsa di nuove terapie o miglioramento delle esistenti.

Sulle decisioni di quante malattie testare con screening sono sicuramente intervenuti anche gruppi e associazioni di famiglie e sono state effettuate valutazioni politico-sanitarie di vario tipo. Ogni Paese europeo ha preso decisioni autonome, con risultati ben diversi da un Paese all’altro: il Paese in Europa che ha in atto attualmente il maggior numero di screening neonatali è l’Italia con oltre 45 malattie, Portogallo e Austria hanno nel pannello 30 e 31 malattie rispettivamente, per contrasto la Svizzera ne ha solo 10 e il Regno Unito 9.

È lecito chiedersi perché le scelte siano state così differenti e, come dice il prof. Pession, se i costi siano sostenibili a lungo termine. Altre domande possono essere poste: l’identificazione per screening e la conseguente terapia precoce permette di ottenere una modifica della prognosi per tutte le condizioni testate dal pannello? Non è ovvia la risposta.

Per alcune malattie come ad esempio fenilchetonuria, ipotiroidismo congenito e il deficit di MCAD si può verosimilmente concludere che il miglioramento della prognosi è stato ottenuto.

Per altre è possibile ma non è dimostrato. Ci sono anche condizioni che fanno parte dello screening, come il deficit di acil-CoA deidrogenasi a corta catena (SCAD), o il deficit di 3-metil-crotonil CoA carbossilasi (3MCCC) delle quali è incerto se si tratti di malattia o solo di un fenotipo biochimico. Condizioni quindi che dovrebbero essere prese in considerazione dalla ricerca, ma ragionevolmente non dovrebbero essere mantenute nel pannello di screening nazionale.

 

Bibliografia

×
Immagine Popup