La Rivista Italiana delle Malattie Rare
Filippo de Braud, Monica Niger 
Oncologia Medica 1, Fondazione IRCCS Istituto...

Filippo de Braud, Monica Niger 
Oncologia Medica 1, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano 
 

Colangiocarcinoma: nuove prospettive terapeutiche
Negli ultimi anni si è verificata un’importante accelerazione della ricerca clinica su questa neoplasia rara ma subdola e diversi trattamenti hanno portato risultati interessanti sia per la malattia localizzata che per la malattia avanzata.

Colangiocarcinoma: nuove prospettive terapeutiche | Negli ultimi...

Negli ultimi anni si è verificata un’importante accelerazione...

 

I colangiocarcinomi rappresentano meno del 3% delle neoplasie gastrointestinali e sono un gruppo di tumori eterogenei derivanti dall'albero biliare intraepatico (iCCA), periilare (pCCA) e distale (dCCA).

Queste neoplasie sono rare, ma la loro incidenza e la mortalità sono aumentate in tutto il mondo negli ultimi decenni, rappresentando un problema sanitario globale. Ogni anno, in Italia, sono stimati circa 5.400 nuovi casi di carcinoma della colecisti e delle vie biliari (3.000 donne e 2.400 uomini). Più del 90% dei tumori delle vie biliari sono adenocarcinomi.

Tra i fattori di rischio più rilevanti si trovano la colangite sclerosante primitiva, i calcoli biliari, le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, l’epatite B e l’epatite C, la cirrosi epatica, il diabete mellito, l’obesità ed il consumo di alcol/sigaretta. Le infezioni parassitarie del fegato, molto rare nei paesi occidentali, sono più comuni nel Sud-Est asiatico.

I colangiocarcinomi sono di solito asintomatici nelle fasi iniziali e, quindi, vengono diagnosticati quando la malattia è già in fase avanzata nella maggioranza dei casi.

Solo il 25% dei pazienti è candidabile ad un intervento chirurgico con intento di guarigione ed il tasso di recidiva è purtroppo molto alto.

Ciò si traduce in una prognosi severa, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni complessivamente inferiore al 20% (1).

Presentazione clinica e diagnosi

I segni e sintomi più frequenti sono l’ittero, il dolore addominale, l’astenia, la perdita di peso e i processi infettivi, in particolare delle vie biliari.

Tecniche di imaging quali la TAC e la RMN con mezzo di contrasto e l’ecoendoscopia hanno un ruolo chiave per la diagnosi e la stadiazione del colangiocarcinoma. Tuttavia, non essendoci un pattern radiologico patognomonico, la diagnosi di certezza è necessariamente istologica, e va cercata prima di qualunque terapia oncologica non chirurgica. Viceversa, la diagnosi istologica non è richiesta per la pianificazione chirurgica in presenza di rilievi radiologici caratteristici di tumore delle vie biliari resecabile.

Terapia

Negli ultimi anni si è verificata un’importante accelerazione della ricerca clinica sulla patologia, e diversi trattamenti hanno portato risultati interessanti sia per la malattia localizzata che per la malattia avanzata (Fig. 1).

 

Trattamento della malattia localizzata
Nonostante interventi chirurgici complessi e con un notevole rischio di morbilità e mortalità post-operatoria, il tasso di sopravvivenza a 5 anni dopo un intervento chirurgico ad intento curativo è del 20-40%; il tasso di recidiva può arrivare fino al 75% circa e in quasi la metà dei casi la malattia ricorre a distanza, il che preclude la possibilità di ulteriori approcci locoregionali e rende la prognosi di questi malati severa.

Visto l’alto tasso di recidive post-intervento, diversi studi sono stati portati avanti per identificare un trattamento post-operatorio che riducesse il rischio di ripresa di malattia.

Sono stati pubblicati a tal riguardo tre studi clinici randomizzati (BCAT, PRODIGE 12 e BILCAP) (2), in cui i pazienti sottoposti ad intervento chirurgico con intento radicale venivano randomizzati a trattamento chemioterapico o a osservazione. BCAT aveva come braccio sperimentale la gemcitabina, PRODIGE 12 ha valutato l’efficacia del regime GEMOX (gemcitabina + oxaliplatino) e BILCAP ha visto l’applicazione del trattamento con capecitabina. Gli studi avevano una numerosità campionaria di rilievo, considerata la rarità della patologia, avendo incluso un totale di 226, 196 e 447 pazienti, rispettivamente. È rilevante sapere che gli studi PRODIGE 12 e BILCAP includevano anche i pazienti affetti da carcinomi delle colecisti. Mentre BCAT e PRODIGE 12 sono risultati negativi, BILCAP ha dimostrato un impatto positivo della chemioterapia con capecitabina nell’analisi pre-pianificata di sensibilità sulla popolazione “per protocol” (sopravvivenza globale mediana - mOS: 53 mesi vs 36 mesi, HR 0.75, 95% CI 0·58-0·97; p=0·028) (3). Sulla scorta di questi risultati, la capecitabina è ora il trattamento post-operatorio raccomandato dalle linee guida internazionali. Il trattamento chemioradioterapico, per quanto valutabile in tutti i pazienti, viene preso in considerazione generalmente solo per i pazienti con malattia linfonodale all’esito istologico (N+) e/o intervento non radicale (R1/2), in assenza di chiare evidenze. Per tutti i pazienti, è sempre raccomandabile valutare l’inclusione in studi clinici, come lo studio ACTICCA-1, che vuole valutare l’efficacia della combinazione di cisplatino e gemcitabina come terapia adiuvante (NCT02170090).

 

Trattamento della malattia avanzata
Il trattamento standard di prima linea della malattia avanzata, non resecabile o metastatica, si fonda da molti anni sull’utilizzo della combinazione di cisplatino e gemcitabina (CisGem) (4). Diversi studi sono in corso per valutare l’efficacia di trattamenti più intensivi. Ad esempio, è attivo un protocollo di fase III volto a confrontare CisGem + nabpaclitaxel (GAP) con CisGem. In fase II, GAP ha ottenuto un tasso di risposta globale del 45%, con una mediana di sopravvivenza libera da progressione (mPFS) ed una mOS di 11,8 mesi e 19,2 mesi, rispettivamente (4). Questi risultati sono molto promettenti, se si considera il dato storico di ~12 mesi di OS con CisGem; pertanto, c’è molta attesa per i risultati del trial di fase III.

Infine, è stato recentemente annunciato che lo studio TOPAZ-1 ha dimostrato che la combinazione di CisGem con durvalumab conferisce un beneficio statisticamente significativo rispetto al solo CisGem, in termini di mOS. I risultati verranno presentati a breve e potrebbero determinare un cambiamento nello standard terapeutico di prima linea per il colangiocarcinoma avanzato.

Per quanto riguarda la terapia di seconda linea, le evidenze prospettiche e derivate da studi randomizzate sono piuttosto limitate e per anni le linee guida internazionali hanno raccomandato la sola best supportive care come terapia per i pazienti in progressione a CisGem.

Al momento lo standard terapeutico è il regime FOLFOX (5 fluoruracile/leucovorin + oxaliplatino), sulla scorta dello studio di fase III ABC-06 (5), che ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza rispetto alla sola terapia di supporto (tasso di OS a 12 mesi 25.9% vs 11.4%).

Targeted therapy

Diversi studi sono stati condotti o sono correntemente in corso per valutare l’efficacia di nuovi farmaci a bersaglio molecolare dopo la progressione alla prima linea.

Infatti, recenti studi traslazionali eseguiti con tecniche di sequenziamento di nuova generazione e analisi multi-omiche hanno svelato un complesso panorama genomico, epigenomico e trascrittomico del colangiocarcinoma, identificando diverse alterazioni molecolari potenzialmente targettabili (Fig. 2).

In particolare, le mutazioni oncogeniche nei geni Isocitrato Deidrogenasi 1 e 2 (IDH1/IDH2) e le fusioni che coinvolgono il recettore del fattore di crescita del fibroblasto 2 (FGFR2) sono tra le alterazioni molecolari più frequenti, identificate soprattutto nei pazienti con iCCA. Diversi farmaci inibitori di IDH1, IDH2 e FGFR2 sono in fase di sviluppo per il trattamento del colangiocarcinoma, con risultati di efficacia tali da portare alla storica approvazione da parte di FDA di tre farmaci: ivosidenib, pemigatinib e infigratinib.

Ivosidenib è un inibitore di IDH1 che ha dimostrato efficacia, rispetto al placebo, nel migliorare PFS e OS dei pazienti con malattia metastatica IDH1 mutata pretrattata con chemioterapia nello studio di fase III ClarIDHy (mPFS 2.7 mesi vs 1.4 mesi; HR 0.37 [95% CI 0·25–0·54]; mOS (tenendo conto del crossover): 10.3 mesi vs 5.1 mesi; HR 0.49 [95% CI, 0.34-0.70]) (6).

Pemigatinib e infigratinib sono due inibitori di FGFR che hanno ricevuto l’approvazione FDA per il trattamento di pazienti affetti da colangiocarcinoma avanzato pretrattati con chemioterapia e portatori di fusione/riarrangiamento di FGFR2, sulla scorta dei risultati positivi di due trial di fase II, con tassi di risposta intorno al 30% ed una mPFS di circa 7 mesi (7,8).

Pemigatinib ha ottenuto anche l’approvazione di EMA per questa indicazione, ed è pertanto il farmaco FGFR inibitore in fase più avanzata di sviluppo in Europa, per cui c’è la speranza di averne presto la disponibilità anche in Italia.

Pemigatinib è inibitore della chinasi di FGFR1, 2 e 3 che inibisce la fosforilazione e la segnalazione di FGFR e diminuisce la vitalità cellulare nelle cellule che esprimono alterazioni genetiche di FGFR. Le fusioni o i riarrangiamenti di FGFR2 sono le alterazioni più comuni di FGFR e si verificano nel 10-16% dei iCCA.

Lo studio multicentrico, in aperto, monobraccio FIGHT 202 ha valutato l’efficacia e la sicurezza di pemigatinib in pazienti affetti da colangiocarcinoma avanzato in progressione ad almeno una linea di chemioterapia. I pazienti hanno ricevuto pemigatinib per os, 13.5 mg al giorno per 14 giorni, in cicli di 21 giorni, fino alla progressione della malattia o a tossicità inaccettabile. Su una popolazione di 107 pazienti, l’età mediana era di 56 anni; il 27.1% ed il 12.1% dei pazienti aveva ricevuto 2 o > 3 linee di trattamento chemioterapico prima di avviare pemigatinib, rispettivamente.

Considerato che tutti i pazienti erano pretrattati, i dati di efficacia sono particolarmente incoraggianti: il 37% dei malati ha avuto una risposta obiettiva di malattia (Fig. 3), con una durata mediana della risposta di circa 8 mesi, una mPFS di 6.9 mesi ed una mOS di 21.1 mesi. Il trattamento è stato complessivamente ben tollerato, anche se sono da segnalare tossicità “di classe” come l’alterazione del metabolismo del fosforo (in particolare iperfosfatemia), la tossicità ungueale e, in rari casi, la tossicità oculare (distacco sieroso della retina di grado 1-2, autolimitante) e l’iponatriemia. Questi effetti collaterali sono generalmente controllabili con la riduzione della dose o l’interruzione della terapia. Pemigatinib è certamente un’opzione terapeutica da valutare per i pazienti con riarrangiamenti/fusioni di FGFR2.

Infine, ci sono dati di efficacia molto promettenti (9) anche per altre terapie innovative, tra cui:

  • pembrolizumab quando presente instabilità dei microsatelliti (tasso di risposta 40.9%, mPFS 4.2 mesi, mOS 24.3 mesi)
  • dabrafenib + trametinib in pazienti con la mutazione V600E di BRAF (tasso di risposta 47%, mPFS 9 mesi, mOS 14 mesi)
  • trastuzumab + pertuzumab in presenza di amplificazione di HER2 (tasso di risposta 23%, mPFS 4 mesi, mOS 10.9 mesi) (10).

Conclusioni

Il colangiocarcinoma è una patologia rara e aggressiva, con opzioni terapeutiche limitate ma in continuo incremento.

È essenziale riferire questi malati a centri specializzati, che possano impostare una strategia terapeutica multidisciplinare oltre che una caratterizzazione molecolare completa per valutare opzioni di trattamento innovative e trial clinici.

 

Bibliografia

  1. Banales JM, Marin JJG, Lamarca A, et al: Cholangiocarcinoma 2020: the next horizon in mechanisms and management. Nat Rev Gastroenterol Hepato.l2020;17:557-588.
  2. Lamarca A, Edeline J, McNamara MG, et al: Current standards and future perspectives in adjuvant treatment for biliary tract cancers. Cancer Treat Rev. 2020;84:101936.
  3. Primrose JN, Fox RP, Palmer DH, et al: Capecitabine compared with observation in resected biliary tract cancer (BILCAP): a randomised, controlled, multicentre, phase 3 study. Lancet Oncol. 2019;20:663-673.
  4. Valle J, Wasan H, Palmer DH, et al: Cisplatin plus gemcitabine versus gemcitabine for biliary tract cancer. N Engl J Med. 2010;362:1273-81.
  5. Lamarca A, Palmer DH, Wasan HS, et al: Second-line FOLFOX chemotherapy versus active symptom control for advanced biliary tract cancer (ABC-06): a phase 3, open-label, randomised, controlled trial. Lancet Oncol. 2021;22:690-701.
  6. Abou-Alfa GK, Macarulla T, Javle MM, et al: Ivosidenib in IDH1-mutant, chemotherapy-refractory cholangiocarcinoma (ClarIDHy): a multicentre, randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 3 study. Lancet Oncol. 2020;21:796-807.
  7. Abou-Alfa GK, Sahai V, Hollebecque A, et al: Pemigatinib for previously treated, locally advanced or metastatic cholangiocarcinoma: a multicentre, open-label, phase 2 study. Lancet Oncol. 2020;21:671-684.
  8. Javle M, Roychowdhury S, Kelley RK, et al: Infigratinib (BGJ398) in previously treated patients with advanced or metastatic cholangiocarcinoma with FGFR2 fusions or rearrangements: mature results from a multicentre, open-label, single-arm, phase 2 study. Lancet Gastroenterol Hepatol. 2021;6:803-815.
  9. Kam AE, Masood A, Shroff RT: Current and emerging therapies for advanced biliary tract cancers. Lancet Gastroenterol Hepatol. 2021;6:956-969.
  10. Javle M, Borad MJ, Azad NS, et al: Pertuzumab and trastuzumab for HER2-positive, metastatic biliary tract cancer (MyPathway): a multicentre, open-label, phase 2a, multiple basket study. Lancet Oncol. 2021;22:1290-1300.
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