La Rivista Italiana delle Malattie Rare
Anna Gambarotto1, Federica Malinverno2
1Associazione Malattie Autoimmuni del Fegato...

Anna Gambarotto1, Federica Malinverno2
1Associazione Malattie Autoimmuni del Fegato (AMAF) Onlus; 2UO Gastroenterologia, Ospedale San Gerardo ASST Monza

Colangite biliare primitiva
Patologia autoimmune del fegato, la colangite biliare primitiva, in precedenza nota come “cirrosi biliare primitiva”, è caratterizzata da distruzione dei dotti biliari intraepatici con conseguente infiammazione, colestasi, sviluppo di fibrosi e possibile evoluzione in cirrosi

Colangite biliare primitiva | Patologia autoimmune del fegato, la...

Patologia autoimmune del fegato, la colangite biliare primitiva,...

 

Epidemiologia

fig1La colangite biliare primitiva (CBP), in precedenza nota come “cirrosi biliare primitiva”, è una patologia cronica del fegato caratterizzata da una distruzione immunomediata dei piccoli dotti biliari intraepatici con conseguente infiammazione, colestasi, sviluppo di fibrosi e possibile evoluzione in cirrosi (Fig. 1).

È una malattia piuttosto rara, presente a livello globale nel mondo ma non uniformemente distribuita: in Europa, Nord America, Asia e Australia la prevalenza varia da 19.1 a 492 casi per milione di abitanti e l’incidenza tra 0.33 e 5.8 casi per milione di abitanti l’anno con un trend apparentemente in aumento nel tempo. La variabilità degli studi epidemiologici risente tuttavia di diversi fattori metodologici di ricerca e diagnostici.

È la più comune tra le malattie autoimmuni del fegato (epatite autoimmune, colangite sclerosante primitiva e forme IgG4 relate) ed è predominante nel sesso femminile, con un rapporto femmine:maschi variabile, in base agli studi, tra 9:1 e 2,5:1. L’età media di presentazione è 40-50 anni, sono stati descritti in letteratura medica solo quattro casi nella fascia pediatrica.

Patogenesi

L’eziopatogenesi della CBP è ad oggi ancora in gran parte sconosciuta e multifattoriale, dove possono giocare un ruolo fattori ambientali, una particolare suscettibilità genetica e alcuni meccanismi epigenetici.

La predisposizione genetica è stata dimostrata da vari studi su famiglie e gemelli con evidenza di un aumentato rischio di sviluppare CBP in parenti di primo ma anche di secondo e terzo grado. Gli studi GWAS (genome-wide association studies) hanno anch’essi sottolineato una forte associazione con alcuni loci genetici HLA classe II e altri loci di geni legati sempre in gran parte all’immunità.

Tra i fattori ambientali sono stati considerati infezioni batteriche e virali, xenobiotici come il fumo di sigaretta o altri inquinanti che, attraverso un meccanismo di similitudine molecolare con i componenti della cellula biliare, possono innescare la risposta infiammatoria.

Il 90-95% dei pazienti affetti da CBP presentano anticorpi anti-mitocondrio (AMA). Questi anticorpi riconoscono una famiglia di enzimi (principalmente PDC-E2) localizzati nella membrana interna dei mitocondri e che vengono “erroneamente” espressi sulla membrana delle cellule epiteliali dei canalicoli biliari (BECs). Alcuni studi hanno inoltre evidenziato che un difettivo processo di apoptosi delle BECs possa anch'esso produrre autoantigeni.

Più recenti valutazioni hanno ipotizzato che un malfunzionamento di una pompa di membrana delle BECs, in particolare un trasportatore di ioni cloro/bicarbonato, possa essere il primum movens degli eventi immunologici e infiammatori.

Sono stati individuati alcuni processi epigenetici, quali i processi di metilazione del DNA e le alterazioni della produzione cellulare di microRNA, come fattori concausali nella CBP.

Ad oggi si sospetta inoltre che un importante ruolo patogenetico possa essere svolto dalle alterazioni del microbiota intestinale, secondarie alla dieta o alla alterata produzione di acidi biliari. Le alterate abitudini alimentari spiegherebbero la maggior prevalenza di patologia in Occidente e nell’emisfero settentrionale.

Diagnosi

fig2L’algoritmo diagnostico della CBP si basa su l’elevazione degli enzimi colestasici (in particolare fosfatasi alcalina, ALP e gammaGT, GGT), il riscontro di positività per gli autoanticorpi antimitocondrio (AMA) o di altri autoanticorpi specifici (anti-sp100 e anti-gp210) e le alterazioni istologiche tipiche nella biopsia epatica (Fig. 2). L’elevazione di ALP e la presenza di AMA sono indici abbastanza specifici, pertanto, il riscontro istologico si può utilizzare con scopo prognostico o identificativo/diagnostico nei casi complessi o dubbi. La biopsia epatica, infatti, si utilizza in pazienti che non presentano positività autoanticorpale tipica o con sospetta copresenza di altre eziologie di danno epatico (steatoepatite o epatite autoimmune), e si basa sulla valutazione dei dotti biliari intraepatici di piccolo-medio calibro degli spazi portali, dove si riscontrano una densa infiltrazione di cellule mononucleate e talvolta granulomi non infettivi.
Per valutare lo stadio di malattia alla diagnosi e durante il monitoraggio evolutivo ci si avvale, oltre che del dato bioptico, anche dell'andamento degli indici biochimici epatici (in particolare fosfatasi alcalina, bilirubina e indici di sintesi epatica) e dell'esecuzione di esami strumentali quali ecografia addome, TC o RM addome e FibroScan®.

Quest'ultima metodica di misurazione della stiffness (rigidità) epatica tramite ultrasuoni è sicura, non invasiva e di semplice esecuzione. Nei casi di fibrosi avanzata o di cirrosi è indispensabile l'esofagogastroduodenoscopia per la ricerca delle varici esofagee.

Di rilievo, si distinguono ad oggi 2 varianti clinicamente definite di CBP:

  • CBP-epatite autoimmune (8-10% dei casi): si presenta con alcune caratteristiche istologiche e biochimiche e necessita anche di terapia steroidea e immunosoppressiva
  • CBP-variante duttopenica (molto rara): caratterizzata da prurito e ittero e marcata alterazione degli indici di colestasi.

Sintomi, segni ed evoluzione

I pazienti con CBP possono essere asintomatici (nel 50% circa delle diagnosi) oppure riferire comunemente astenia ingravescente e prurito. Altri sintomi includono: secchezza delle mucose o degli occhi, dolore addominale e dolore osteomuscolare.

La fatica non è predittiva di gravità della patologia, ed è variabile in funzione del sesso e dell’età del paziente. Non se ne conosce propriamente la causa, tuttavia si pensa che l’accumulo cerebrale di alcune sostanze tossiche provochi una disfunzione autonòmica, alterazione del sonno e disturbi della concentrazione.

Nelle fasi avanzate compaiono i sintomi e segni della cirrosi e dell'ipertensione portale quali ittero, edemi e ascite, sanguinamento da varici esofagee ed encefalopatia porto-
sistemica.

Fino al 60% dei casi si presenta in associazione ad altre patologie autoimmuni quali la tiroidite (Hashimoto e Graves), la sindrome di Sjögren, la sclerodermia e il lupus eritematoso sistemico. Comunemente associate alla CBP sono l'osteoporosi e l’ipercolesterolemia, mentre una rara complicanza extraepatica può essere l'ipertensione polmonare che si manifesta solitamente con dispnea allo sforzo.

L'esame obiettivo aiuta a identificare la epato-splenomegalia e i segni di evoluzione (ittero, eritema palmo-plantare, alterazioni ungueali, perdita di massa muscolare…).

Trattamento

fig3La diagnosi precoce e il conseguente avvio della terapia specifica (Fig. 3) permettono di rallentarne efficacemente l’evoluzione.

Acido ursodesossicolico (UDCA)
Ad oggi l’UDCA è considerato il trattamento di prima linea per questa patologia in tutto il mondo. Tale farmaco agisce riducendo la secrezione di acidi biliari idrofobici e stimolando la produzione di bicarbonato nella bile indi proteggendo i colangiociti e gli epatociti portali dagli effetti tossici della bile. Si prescrive con dosi di 13-15 mg/kg/die in cronico ed è ben tollerato. Il 30% circa dei pazienti non risponde completamente al trattamento con UDCA e pertanto sono disponibili trattamenti di seconda linea in associazione ad UDCA stesso.

Acido obeticolico (OCA)
È un agonista selettivo del recettore X farnesoide (FXR), un recettore nucleare espresso nel fegato e nell'intestino: l’attivazione di FXR inibisce negli epatociti la sintesi di acidi biliari e aumenta la clearance degli acidi biliari dagli epatociti. Viene considerato come trattamento di seconda linea per pazienti non responsivi a solo UDCA in dosi 5–10 mg/die. Il tasso di risposta a OCA è circa del 50%. Il maggiore effetto collaterale è il prurito.

Fibrati
I fibrati, noti agenti ipolipemizzanti quali bezafibrato e fenofibrato, sono molecole agoniste dei recettori nucleari PPAR (recettori attivati dal proliferatore del perossisoma), la cui stimolazione diminuisce la produzione di acidi biliari e aumenta l'escrezione di fosfolipidi nella bile. Anch’essi sono considerati come terapia di seconda linea. Si sono rivelati efficaci anche nel diminuire il sintomo del prurito. Gli eventi avversi più frequenti sono le mialgie, l'elevazione delle transaminasi e della bilirubina.

Nuove terapie e farmaci sintomatici
Sono in corso, ad oggi, diversi studi sperimentali con nuove molecole terapeutiche (alcuni agonisti PPAR e di FXR o con altri meccanismi d'azione) che saranno disponibili nell’immediato futuro. Di recente sviluppo si segnalano anche farmaci per il trattamento del prurito e per l'astenia, i più frequenti sintomi associati alla CBP.

Trapianto epatico e tumore epatico

Ad oggi, la richiesta di trapianto per pazienti con CBP è fortemente diminuita dopo l’introduzione della terapia con UDCA. Recenti studi in ambito europeo hanno dimostrato infatti che la proporzione dei trapianti per CBP su totale si è ridotta dal 20% nel 1986 al 4% nel 2015. L’outcome dei pazienti trapiantati per CBP è buono, frequente è la ricorrenza della CBP su fegato trapiantato e l’assunzione preventiva di UDCA ne previene la recidiva.
La probabilità di sviluppo di un tumore primitivo epatico su forme avanzate di cirrosi da CBP è piuttosto rara.

Conclusioni

La colangite biliare primitiva è una patologia dinamica e multifattoriale con effetto distruttivo, infiammatorio e pro-fibrotico che colpisce inizialmente le piccole cellule epiteliali dei piccoli dotti biliari.

L’outcome dei pazienti con CBP è notevolmente migliorato grazie alle diagnosi precoci e ai nuovi trattamenti disponibili, tuttavia, ancora molti aspetti devono essere indagati col fine ultimo di trovare una cura efficace anche per i pazienti complessi e con scarsa risposta terapeutica.

La ricerca delle basi eziopatogenetiche di patologia potrebbe essere una chiave risolutiva.

 

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