La colangite sclerosante primitiva (CSP) è una patologia rara con una prevalenza nella popolazione di 16.6 casi ogni 100.000 abitanti, maggiore nel nord Europa; può esordire dall’età pediatrica sino alla 7° decade di vita, con età media alla diagnosi intorno ai 40 anni (1).
La CSP si associa a malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) in circa il 60-80% dei casi. Al contrario, nei pazienti con diagnosi di MICI, solo circa l’8% dei pazienti è affetto da CSP.
La patogenesi della CSP è multifattoriale ed ancora in gran parte sconosciuta. Uno dei meccanismi coinvolti si basa sull’aumentato reclutamento dei linfociti T a livello degli spazi portali, conseguenza di un incrementato cross-talk tra colangiociti e linfociti T, che deriva a sua volta da un’alterata espressione genica di loci HLA e di altri geni coinvolti nell’omeostasi biliare e nell’immuno-modulazione, come IL-2, IL-21 e PTPN2 (2).
A dimostrazione della presenza di meccanismi patogenetici concomitanti tra CSP e MICI, anche l’asse intestino-fegato svolge un ruolo eziologico importante: nei pazienti affetti da CSP, infatti, si sono riscontrate un’alterata permeabilità della barriera intestinale ed una minor varietà di popolazioni batteriche costituenti il microbiota intestinale. La flora batterica alterata sarebbe responsabile della trasformazione degli acidi biliari in prodotti a maggiore potenziale infiammatorio, i quali, tramite la circolazione enteroepatica, raggiungerebbero il fegato dove indurrebbero un danno infiammatorio peri-biliare.
Le manifestazioni cliniche della CSP sono variabili in relazione allo stadio ed alla severità di malattia. Circa il 40% dei pazienti al momento della diagnosi è asintomatico.
La sintomatologia tipica della CSP è caratterizzata da astenia, febbre, prurito e fastidio addominale cronico localizzato al quadrante superiore destro; sono inoltre frequenti alterazioni emozionali come ansia e depressione.
A causa dell’irregolare anatomia biliare, i pazienti affetti da CSP hanno maggiore predisposizione alla formazione di calcoli biliari ed all’insorgenza di colangiti batteriche, caratterizzate da febbre, dolore addominale e ittero.
Negli stadi più avanzati, la malattia può manifestarsi con segni e sintomi tipici delle complicanze della cirrosi biliare, come l’encefalopatia epatica, l’ascite ed il sanguinamento da varici esofago-gastriche.
Nel 60-80% dei pazienti affetti da CSP in cui concomita una MICI, l’interessamento intestinale coinvolge più frequentemente il colon destro e l’ultima ansa ileale, con manifestazioni cliniche solitamente lievi (3) (Tab. 1).
La diagnosi di CSP si basa sull’incremento cronico della fosfatasi alcalina (ALP) e della gammaglutamil trasferasi (GGT), insieme alla presenza di un aspetto radiologico tipico delle vie biliari (a corona di rosario); è necessario escludere cause secondarie di colangite sclerosante (Tab. 2).
La CSP può coinvolgere i dotti intraepatici (<25%), quelli extraepatici (<5%) o, nella maggior parte dei casi, entrambi (50-80%). La malattia dà frequentemente luogo a delle stenosi che si definiscono dominanti (SD) se, utilizzando la colangiopancreatografia retrograda endoscopica (CPRE), hanno un diametro ≤ 1,5 mm nel dotto epatico comune e/o ≤ 1,0 mm in un dotto epatico destro o sinistro. Non infrequenti sono l’irregolarità del dotto cistico e l’aumento delle dimensioni della colecisti.
La biopsia epatica non è necessaria per la diagnosi, date l’assenza di caratteristiche istologiche patognomoniche di malattia e la rarità della lesione tipica “a bulbo di cipolla”. La presenza di autoanticorpi è variabile nei pazienti con CSP con positività per ANA e ASMA sino al 75% e a p-ANCA nel 30-80%. Nessun anticorpo è specifico per la malattia. In circa il 50% dei pazienti vi è ipergammaglobulinemia, con incremento preponderante della sottoclasse M. La colonscopia completa con biopsie multiple è raccomandata per tutti i pazienti affetti da CSP senza MICI nota, per diagnosticare precocemente la malattia intestinale subclinica.
La CSP dei piccoli dotti è una entità clinica caratterizzata dalla presenza di colestasi cronica e di alterazioni istologiche compatibili con la CSP, in assenza di alterazioni radiologiche dell’albero biliare.
Ha generalmente un decorso clinico indolente ed una prognosi migliore. Ad oggi è ancora dibattuto se sia una variante clinica della CSP o un suo stadio precoce (Tab. 3).
La sindrome da overlap con epatite autoimmune (EA) si identifica in presenza di CSP con transaminasi aumentate di oltre 5 volte sopra il valore normale ed immunoglobuline di classe G incrementate di almeno il doppio rispetto alla norma, in un quadro istologico compatibile (epatite di interfaccia, infiltrato portale mononucleato ricco in plasmacellule).
La prevalenza di EA in pazienti con CSP è del 10%; in questi casi è indicata la terapia immunosoppressiva (corticosteroidi, azatioprina e/o micofenolato).
La IgG4-related disease (IRD) è una patologia infiammatoria cronica sistemica, che si presenta con un infiltrato IgG4 policlonale, lesioni tumefattive e fibrosi, con predilezione dei tessuti ghiandolari; quando questa patologia interessa i dotti biliari si parla di IgG4-related cholangitis (IRC). Ha un aspetto radiologico simile alla CSP, ma la diagnosi è istologica. Il trattamento prevede l’utilizzo di corticosteroidi, che solitamente conducono ad una remissione colangiografica completa (4).
Esiste inoltre una entità clinica di CSP in cui i pazienti hanno dei valori sierici di IgG4 aumentati, condizione che insorge in pazienti generalmente più giovani rispetto ai pazienti con IRC.
Le due patologie rispondono diversamente alla terapia con immunosoppressori, l’IRC quando trattata con corticosteroidi va incontro a una remissione del quadro colangiografico, a differenza della CSP con aumentate IgG4. La sola misurazione dei livelli di IgG4 non ha una sufficiente accuratezza diagnostica e ancora non è stato identificato un valore di cut-off.
I pazienti affetti da CSP hanno un aumentato rischio di insorgenza di colangiocarcinoma (CCA), e di carcinoma della colecisti (GBCa). Le modalità di screening per questi tumori sono ad oggi ancora altamente dibattute (5).
Il CCA insorge in circa l’1-2% dei pazienti affetti da CSP, con una incidenza annuale del 0.5-1.5%, ed è frequentemente diagnosticato entro i primi 3 anni dalla diagnosi di CSP. Si deve sospettare in caso di comparsa di lesioni radiologiche compatibili, di aumento repentino degli indici di colestasi e di incremento dei livelli di Ca 19.9. La diagnosi definitiva è cito/istologica: in caso di sospetto CCA extraepatico, il brushing citologico ed il prelievo istologico con biopsie endobiliari in corso di CPRE rappresentano ad oggi il gold standard diagnostico; il comportamento contrastografico radiologico e la biopsia epatica, invece, permettono la diagnosi di CCA intraepatico.
Il GBCa insorge nel 2.5-3.5% dei pazienti con CSP.
È raccomandata un’ecografia annuale di screening e la colecistectomia è indicata nel caso in cui vengano rilevati polipi colecistici, indipendentemente dalle loro dimensioni. Anche l’epatocarcinoma (HCC) può insorgere in pazienti con cirrosi biliare CSP-relata, per cui in pazienti con CSP avanzata è raccomandata un’ecografia semestrale di screening.
I pazienti con CSP associata a MICI a localizzazione colica hanno un rischio 4-5 volte maggiore di insorgenza di carcinoma del colon-retto (CCR) rispetto ai pazienti con sola MICI. In questi pazienti, il CCR si localizza più frequentemente a livello del colon destro e si manifesta con latenza clinica.
Nei pazienti con CSP-MICI è raccomandata l’esecuzione di una colonscopia annuale di screening, anche nei soggetti sottoposti a trapianto di fegato (6).
L’acido ursodesossicolico (UDCA) è comunemente utilizzato per indurre una riduzione degli indici di colestasi; tuttavia, non ha dimostrato efficacia nel ritardare la progressione di malattia, né nel prevenire l’insorgenza del CCA.
La colestiramina, resina sequestrante gli acidi biliari, è il trattamento di prima linea per il prurito. In caso di inefficacia o scarsa tollerabilità, la rifampicina ed il naltrexone rappresentano i farmaci di seconda linea. È stata recentemente permessa anche la prescrizione off-label del bezafibrato (7).
Le stenosi dominanti responsabili di segni/sintomi clinici significativi hanno indicazione al trattamento endoscopico (dilatazione con palloncino o con il posizionamento di stent in base all’esperienza dell’operatore). Analogamente, l’approccio endoscopico è indicato in caso di colelitiasi. Qualora insorga una colangite batterica, sono indicati l’avvio tempestivo di una terapia antibiotica e la rimozione endoscopica della causa ostruttiva (se presente).
Il trapianto di fegato rappresenta l’unico intervento di tipo curativo nei casi di malattia avanzata condizionante insufficienza d’organo o di sintomi incontrollati gravemente inficianti sulla qualità di vita del paziente. La CSP recidiva post-trapianto in circa il 25% dei casi e ad oggi nessuna terapia immunosoppressiva si è dimostrata efficace nel prevenire la recidiva di malattia (Tab. 4).
La CSP è una patologia multifattoriale, con un’eziopatogenesi non ancora del tutto nota, ad andamento clinico eterogeneo e dalla diagnosi spesso ancor oggi difficoltosa. Diversi studi sono in corso per identificare nuovi biomarcatori utili al monitoraggio evolutivo della malattia e per validare nuove molecole terapeutiche efficaci nell’interrompere la progressione naturale della stessa verso la disfunzione d’organo e, di conseguenza, verso la necessità del trapianto di fegato.