La Rivista Italiana delle Malattie Rare
Alessio Gerussi1,2, Anna Gambarotto3, Laura Cristoferi1,2, Marco Carbone1,2, Pietro...

Alessio Gerussi1,2, Anna Gambarotto3, Laura Cristoferi1,2, Marco Carbone1,2, Pietro Invernizzi1,2
1Centro Malattie Autoimmuni del Fegato, Università Milano-Bicocca, Monza; 2Network Europeo di Riferimento per le Malattie Epatiche (ERN RARE-LIVER), Ospedale San Gerardo, Monza; 3Associazione Malattie Autoimmuni del Fegato (AMAF) Onlus

Epatite autoimmune
L’epatite autoimmune è una rara patologia autoimmune del fegato, caratterizzata da presentazione clinica eterogenea e un iter diagnostico complesso; se non riconosciuta e trattata precocemente può evolvere a cirrosi, insufficienza epatica e morte. Le terapie disponibili sono efficaci ma gravate da importanti effetti collaterali.

Epatite autoimmune | L’epatite autoimmune è una rara patologia...

L’epatite autoimmune è una rara patologia autoimmune del...

 

L’epatite autoimmune (EA) è una rara patologia autoimmune del fegato, caratterizzata da presentazione clinica aspecifica ed eterogenea. L’EA può evolvere a cirrosi, insufficienza epatica e morte, in particolare se non riconosciuta e trattata precocemente. Si possono distinguere due tipologie di EA: il tipo 1 e il tipo 2. Il tipo 1 è più comune ed è caratterizzato da positività per gli autoanticorpi antinucleo (ANA) e anti muscolo liscio (anti-SMA); si può presentare a qualsiasi età con esordio clinico e istologico variabile e ha alti tassi di risposta terapeutica. L’EA di tipo 2 rappresenta il 10% di tutte le forme di EA, ha come elemento caratterizzante la positività agli autoanticorpi anti-LKM1 ed è quasi esclusiva dell’età pediatrica. Se comparata all’EA di tipo 1 è gravata da prognosi peggiore, con minore responsività alla terapia e più frequente necessità di terapia di mantenimento a lungo termine (1).

 

Epidemiologia

L’EA è una malattia rara, sebbene in Italia manchi ancora di un riconoscimento ufficiale come tale. L’EA ha una prevalenza variabile stimata di 15-25 casi per 100.000 abitanti. L’incidenza di EA è in progressivo aumento, con stime provenienti da registri danesi di aumento da 1,3 (1994) a 2,1 (2012) casi per 100.000 abitanti-anno (2). Come per altre patologie autoimmuni, il 75-80% dei pazienti affetti da EA sono di sesso femminile. L’EA di tipo 1 interessa pazienti di tutte le età; diversamente, l’EA di tipo 2 interessa soprattutto bambini, anche con età inferiore all’anno, e adolescenti/giovani adulti di età inferiore ai 25 anni, mentre è estremamente rara in individui di età superiore ai 25 anni (2).

 

Eziopatogenesi

L’eziopatogenesi della EA è sconosciuta; si ritiene che l’interazione tra un fattore ambientale non identificato e un individuo geneticamente predisposto determini una cascata di eventi immunologici che sostengono una infiammazione epatica cronica. La predisposizione genetica è confermata dalla presenza di una maggior incidenza di queste patologie tra familiari. La maggiore correlazione genetica è data dall’associazione con la regione genetica HLA (human leukocyte antigen), che suggerisce la verosimile centralità dei linfociti T CD4 nella sua patogenesi. I fattori ambientali che agiscono come innesco in pazienti predisposti sono verosimilmente agenti virali e/o xenobiotici (es. farmaci). Questo fenomeno di cross-reazione è chiamato mimetismo molecolare e si attiva quando la risposta immune contro virus o xenobiotici si dirige anche contro antigeni self a causa della forte omologia. La rottura della tolleranza al self chiama in causa i linfociti T regolatori, che sono disfunzionali e presenti in numero molto minore nei pazienti con EA. Indipendentemente dal fattore di innesco, il danno immunologico è caratterizzato da un’attivazione delle cellule presentanti l’antigene epatiche specializzate, come le cellule di Kupffer e le cellule dendritiche, le quali processano e presentano sulla loro superficie l’antigene self ai linfociti T recettori (TCR), con un progressivo perpetuarsi della risposta infiammatoria e della citotossicità epatica.

 

Presentazione clinica e quadro biochimico

La presentazione clinica dei pazienti con EA è eterogenea. La maggior parte dei pazienti è asintomatica o presenta sintomatologia aspecifica (astenia, calo ponderale, anoressia, poliartralgia). Non rara è la presentazione acuta, con epatite e ittero; molto rara è la presentazione fulminante con coagulopatia e encefalopatia epatica, gravata da elevata morbidità e mortalità. Un terzo dei pazienti presenta già alla diagnosi segni di cirrosi epatica. Il quadro biochimico tipico dei pazienti affetti da EA è caratterizzato da fluttuazioni spontanee dei livelli delle transaminasi (ALT e AST). I livelli di bilirubina possono essere normali o aumentati a seconda della gravità della condizione del paziente (2). Il livello sierico delle IgG è elevato nell’85% dei pazienti al momento della diagnosi (3). A scopo diagnostico è fondamentale la rilevazione degli autoanticorpi: ANA e anti-SMA (per EA tipo 1) e anti-LKM1 (per EA tipo 2). ANA e anti-SMA non sono patognomonici di EA; per converso, l’associazione tra la contemporanea positività ad ANA e anti-SMA aumenta significativamente la probabilità di EA nel contesto di un adeguato quadro clinico-patologico. Gli anti-LKM1, sono invece segno distintivo dell’EA di tipo 2 (4).

 

Istologia

Il ruolo della biopsia epatica nell’iter diagnostico della EA è essenziale, perché consente di rilevare elementi istologici tipici, di escludere altre patologie e di stadiare il grado di fibrosi (5). La caratteristica istologica più tipica è l’epatite di interfaccia, un infiltrato infiammatorio costituito da linfociti e plasmacellule presente a livello periportale che si estende al lobulo e spesso associato a necrosi. Sebbene presente in praticamente tutti i casi di EA cronica, questo quadro non è patognomonico potendosi rilevare anche in corso di altre patologie come epatiti virali, malattia di Wilson, danno da farmaci e malattie autoimmuni delle vie biliari. Altri reperti tipici sono le rosette epatiche, espressione di rigenerazione epatica, e l’emperipolesi, che consiste nella presenza di linfociti o plasmacellule all’interno del citoplasma epatocitario. I quadri ad esordio acuto e iperacuto hanno spesso caratteristiche differenti e più aspecifiche (6).

 

Diagnosi

tab1La diagnosi di EA non si avvale di un test patognomonico ma è affidata alla contemporanea presenza di diversi elementi clinici, biochimici, sierologici (autoanticorpi) e istologici, unitamente all’esclusione di patologie concomitanti (Tab. 1). L’indagine radiologica non ha un ruolo diagnostico ma è utile per escludere un overlap con la colangite sclerosante primitiva o a fini di stadiazione. L’EA spesso viene diagnosticata assieme ad altre patologie autoimmuni, in particolare tireopatie autoimmuni e connettiviti sistemiche.


Trattamento

Il trattamento farmacologico d’elezione è rappresentato dalla terapia a base di steroide e/o farmaci immunosoppressori. Tale terapia ha come scopo biologico la riduzione dell’attività linfocitica e conseguentemente dell’infiammazione epatica; tale effetto biologico si traduce clinicamente nella risoluzione dei sintomi (qualora presenti), nella normalizzazione delle transaminasi e del livello di IgG sieriche (remissione biochimica). La risposta biochimica migliora la sopravvivenza dei pazienti e si associa a risoluzione della flogosi epatica a livello istologico con stabilità/miglioramento della fibrosi (remissione istologica) nella maggior parte dei casi (7) (Fig. 2).

fig2La terapia per l’EA è efficace in una percentuale maggiore all’80% dei pazienti, a prezzo tuttavia di effetti collaterali fisici e psichici, frequenti e talora anche gravi. Tali effetti collaterali sono principalmente correlati all’uso cronico dei farmaci immunosoppressori, con i noti effetti negativi sul metabolismo glucidico, lipidico, sul metabolismo osseo, e correlati all’aumentato rischio di infezioni opportunistiche e di neoplasie. Nei casi complessi sono utilizzati in seconda e terza linea il micofenolato mofetile, gli inibitori delle calcineurine (tacrolimus, ciclosporina), o farmaci biologici quali rituximab o infliximab (8). Il trapianto è riservato ai casi di epatite acuta fulminante con encefalopatia e nei pazienti con cirrosi epatica scompensata, secondo le linee guida nazionali e internazionali e i protocolli definiti dalla rete dei centri trapianto (9,10).

 

Conclusioni

L’EA è una patologia rara dall’eziopatogenesi ancora oscura, caratterizzata da una presentazione eterogenea e un iter diagnostico complesso. Le terapie disponibili sono efficaci ma gravate da importanti effetti collaterali. L’EA va sospettata da tutti i clinici al fine di evitare ritardi diagnostici, ma la sua gestione va riservata a centri epatologici di secondo e terzo livello.

 

Bibliografia

  1. Bossen L, Gerussi A, Lygoura V, et al. Support of precision medicine through risk-stratification in autoimmune liver diseases – histology, scoring systems, and non-invasive markers. Autoimmun. Rev. 2018; 17(9):854–865.
  2. Mieli-Vergani G, Vergani D, Czaja AJ, et al. Autoimmune hepatitis. Nat Rev Dis Primers. 2018; 12; 4:18017.
  3. Hartl J, Miquel R, Zachou K, et al. Features and outcome of AIH patients without elevation of IgG. JHEP Rep. 2020 Feb 29;2(3):100094.
  4. Gerussi A, Halliday N, Carbone M, et al. Open challenges in the management of autoimmune hepatitis. Minerva Gastroenterol. Dietol. 2020 Dec. 03 doi:10.23736/S1121-421X.20.02805-6
  5. Tiniakos DG, Brain JG, Bury YA. Role of Histopathology in Autoimmune Hepatitis. Dig. Dis. 2015; 33(2): 53–64.
  6. Rahim MN, Miquel R, Heneghan MA. Approach to the patient with acute severe autoimmune hepatitis. JHEP Rep. 2020;2(6):100149.
  7. Gerussi A, Halliday N, Saffioti F, et al. Normalization of serum immunoglobulin G levels is associated with improved transplant-free survival in patients with autoimmune hepatitis. Dig. Liver Dis. 2020;52(7):761-767.
  8. Lohse AW, Sebode M, Jørgensen MH, et al. Second-line and Third-line therapy for Autoimmune Hepatitis A position statement from the European Reference Network on Hepatological Diseases and the International Autoimmune Hepatitis Group. J Hepatol. 2020;73(6):1496-1506.
  9. European Association for the Study of the Liver. EASL Clinical Practice Guidelines: Autoimmune hepatitis. J Hepatol. 2015;63(4):971-1004.
  10. Mack CL, Adams D, Assis DN, et al. Diagnosis and Management of Autoimmune Hepatitis in Adults and Children: 2019 Practice Guidance and Guidelines From the American Association for the Study of Liver Diseases. Hepatology. 2020;72(2):671-722.
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