La Rivista Italiana delle Malattie Rare

Generoso Andria
Professore Emerito di Pediatria, Università Federico II di Napoli

Resistenza alla deriva antiscientifica
Fake news e post-verità sono oggetto di discussioni quotidiane. Desta però particolare preoccupazione il fatto che alcune di queste notizie siano state anche diffuse da esponenti politici che, invece, dovrebbero mostrare responsabilità sia nei confronti dei loro elettori che della società. Se una deriva antiscientifica esiste davvero, a chi compete combatterla, attuando un’efficace “resistenza”?

Resistenza alla deriva antiscientifica | Fake news e post-verità...

Fake news e post-verità sono oggetto di discussioni quotidiane....

 

Il titolo di questo articolo è stato proposto dal direttore della rivista, ma le opinioni da me espresse, in coerenza col titolo di questa rubrica, sono ovviamente del tutto personali.

Cercherò di dare una risposta alle seguenti domande:

  • esiste nella società italiana una scarsa conoscenza del metodo scientifico ed è in corso da qualche tempo una vera e propria deriva antiscientifica?
  • è necessario fare resistenza contro questa situazione e come?

Deriva antiscientifica

Fake news e post-verità sono oggetto di discussioni quotidiane. Alcune opinioni espresse sui social media, dove in verità si trova di tutto, compreso il terrapiattismo e l’esistenza delle sirene, diffondono notizie relative alla negazione dello sbarco sulla luna e agli effetti nocivi delle cosiddette scie chimiche.  Più recentemente, per restare in campo sanitario, è risultata dominante la polemica sull’obbligatorietà delle vaccinazioni in età pediatrica; secondo i no-vax un grande numero di vaccini rappresenterebbe un carico eccessivo per il sistema immunologico e quindi risulterebbe dannoso. Taccio dei lavori (pseudo)scientifici, ormai sconfessati, dell’associazione di alcuni vaccini con lo sviluppo di disturbi dello spettro autistico. Preoccupa un po’ di più il fatto che alcune di queste notizie sono state anche diffuse da esponenti politici che dovrebbero mostrare responsabilità nei confronti dei loro elettori e della società. Anche fatti di cronaca delle ultimissime settimane suscitano preoccupazioni.

Agli inizi di dicembre 2018 le nomine di tutti i membri del Consiglio superiore di sanità, molti dei quali di assoluta qualificazione scientifica per riconoscimento internazionale, sono state revocate dal Ministro della salute. La giustificazione, in clima di spoil system, è stata quella di voler rinnovare il Consiglio con persone, sempre con meriti scientifici, ma anche di provata affidabilità nella collaborazione col ministero. A gennaio 2019 è stato scoperto che il Ministro aveva promosso un’indagine, peraltro molto superficiale, basata su dati ricavabili da siti Internet, su alcuni di questi membri. Nel dossier sono stati sottolineati in particolare precedenti impegni in politica o anche prestazioni professionali per esponenti dell’opposizione per sei personalità, appartenenti ad aree avverse al governo in carica. Il Ministero ha riferito in Parlamento che l’indagine è stata conclusa dopo e non prima la rimozione dei membri del Consiglio superiore. E allora perché farla, se non per una logica da Minculpop?

Non meno preoccupante è stata la successiva notizia, rappresentata dalle dimissioni di Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, principale organo tecnico-scientifico del Sistema sanitario nazionale, a causa di posizioni “non scientifiche o francamente anti-scientifiche” sostenute dal governo in carica quali gli alternanti e contraddittori provvedimenti sull’obbligatorietà del nuovo programma vaccinale, le disposizioni sullo smaltimento di fanghi tossici senza valutazione dell’impatto sulla salute pubblica, o la responsabilità attribuita ai migranti, in assenza di qualunque prova scientifica, dell’aumento delle malattie infettive in Italia. La prestigiosa rivista The Lancet ha pubblicato la notizia delle dimissioni del presidente dell’ISS in un editoriale del 12 gennaio, dando un’immagine poco lusinghiera del livello di conoscenze scientifiche nella popolazione italiana e in coloro che la governano.

Resistenza

Se una deriva antiscientifica esiste davvero, a chi compete combatterla, attuando un’efficace “resistenza”?
Credo che il primo obiettivo sia quello di innalzare il livello di alfabetizzazione nel campo della scienza di tutta la popolazione del nostro paese, anche di quella componente in realtà più acculturata. Questo richiede un’azione congiunta e coordinata di vari attori.

  • Al primo posto metto il sistema educativo con i suoi operatori, per realizzare un’opera di formazione sui principi del metodo scientifico e sui criteri per la valutazione dei risultati delle ricerche, che inizi già dagli alunni della scuola primaria e arrivi fino agli studenti dei corsi universitari e post-universitari.
  • Mass media e social media sono al giorno d’oggi sempre più cruciali in questa opera di informazione della popolazione. Eventi recenti di rilevanza mondiale (elezioni di Donald Trump, referendum per la Brexit e, forse, orientamenti politici dell’elettorato italiano) hanno dimostrato come sia possibile far arrivare “scientificamente” a target ben individuati notizie false in grado di influenzare opinioni e voti. Sarebbe quindi importante che i media svolgessero un ruolo di corretta informazione e correzione di notizie non fondate da prove (diffuse liberamente nei talk show) attraverso un'opera di  fact checking, tempestiva e in tempo reale.
  • La classe politica, ovviamente non nella sua totalità, è stata appena citata per interventi e provvedimenti che non sono basati sul rispetto delle evidenze scientifiche. Abbiamo assistito a dibattiti accesi tra politici e ricercatori, per esempio sulla vicenda delle vaccinazioni obbligatorie. Roberto Burioni nella campagna contro i no-vax, è intervenuto con toni anche forti, ma giusti, per ricordare che la scienza non può essere “democratica” e che le opinioni di “asini” in campo scientifico non possono essere sullo stesso piano delle evidenze mostrate da chi ha speso una vita a fare ricerca scientifica.

Per criticare l’arroganza di chi sostiene l’insindacabilità della scienza, ogni tanto è stato tirato in ballo Karl Popper e il suo principio di falsificabilità. Tuttavia, senza negare che i risultati della ricerca possono essere modificati da nuove scoperte, nelle scelte di sanità pubblica si devono tenere in considerazione i risultati ottenuti con le migliori prove di efficacia, disponibili nel momento e nel contesto in cui si opera. Come diceva Winston Churchill: “La democrazia è la peggior forma di governo possibile, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”.

Mentre si rincorrevano sulla stampa notizie di rapporti conflittuali tra politica e mondo scientifico, è arrivata la notizia del “Patto trasversale per la scienza”, organizzato dallo stesso Roberto Burioni e sottoscritto anche da Beppe Grillo e Matteo Renzi come primi firmatari. È una buona notizia. Personalmente non ho aderito al Patto, un po’ perché sono contrario agli appelli e alle marce, ma soprattutto perché sono perplesso sul nome di Patto dato al documento.  Questo è più un appello preliminare, diretto alla classe politica, affinché condivida un vero e proprio patto, di cui il documento rappresenta piuttosto una lettera d’intenti. In particolare l’appello è rivolto a tutte le forze politiche italiane, affinché s’impegnino:

  • a sostenere la Scienza come valore universale di progresso dell’umanità, che non ha alcun colore politico, e che ha lo scopo di aumentare la conoscenza umana e migliorare la qualità di vita dei nostri simili;
  • a non sostenere o tollerare in alcun modo forme di pseudoscienza e/o di pseudomedicina che mettono a repentaglio la salute pubblica come il negazionismo dell’AIDS, l’anti-vaccinismo, le terapie non basate sulle prove scientifiche, ecc…;
  • a governare e legiferare in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudoscienziati, che, con affermazioni non dimostrate e allarmiste, creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di presidi terapeutici validati dall’evidenza scientifica e medica;
  • a implementare programmi capillari d’informazione sulla Scienza per la popolazione, a partire dalla scuola dell’obbligo, e coinvolgendo media, divulgatori, comunicatori, e ogni categoria di professionisti della ricerca e della sanità;
  • ad assicurare alla Scienza adeguati finanziamenti pubblici, a partire da un immediato raddoppio dei fondi ministeriali per la ricerca biomedica di base.

Certo i firmatari non dovranno essere solo bipartisan, dato che ormai non ci sono più due schieramenti politici contrapposti, ma multipartisan. Comunque, dando per scontata la condanna della pseudoscienza e degli pseudoscienziati, credo più nell’opera di informazione e formazione, concordata con la politica, piuttosto che in provvedimenti punitivi per legge degli pseudoscienziati, a meno che non commettano veri e propri reati.

Sui rapporti Politica-Scienza nel nostro paese, e restando nel campo delle malattie rare di cui si occupa questa rivista, vorrei ricordare che nel 2013 il nostro Parlamento approvò quasi all’unanimità una legge che implicitamente riconosceva la validità scientifica del cosiddetto metodo Stamina e stanziava 3 milioni di euro, istituendo una Commissione che doveva individuare le malattie rare da trattare e le strutture dove produrre lo pseudofarmaco, in modo da avviare una sperimentazione clinica. Fortunatamente la Commissione (di cui facevo parte) volle prima verificare il protocollo di produzione già adottato dai proponenti e espresse parere fortemente negativo, confermato dalla successiva Commissione ministeriale dopo sospensiva delle conclusioni della prima Commissione da parte del TAR del Lazio. Com’è noto il cosiddetto metodo Stamina fu poi considerato una truffa da sentenze definitive della magistratura.
Solo sei anni fa abbiamo assistito all’azione unanime delle forze politiche per la “promozione“ della pseudoscienza.

Basterà un Patto trasversale per la scienza a creare l’unanimità a favore della scienza e della ricerca?
Ovviamente me lo auguro.

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