La Rivista Italiana delle Malattie Rare
Chiara Cazzorla
Unità Operativa Complessa Malattie Metaboliche Ereditarie, Centro...

Chiara Cazzorla
Unità Operativa Complessa Malattie Metaboliche Ereditarie, Centro Regionale per lo Screening Neonatale, Azienda Ospedale Padova
 

Terapia enzimatica sostitutiva: impatto neurocognitivo, psicosociale e sulla qualità di vita dei pazienti con PKU
Offrire nuove alternative terapeutiche ai pazienti affetti da fenilchetonuria che presentano importanti difficoltà di aderenza terapeutica è fondamentale al fine di migliorare gli outcome biochimici e clinici e la qualità di vita dei pazienti stessi

Terapia enzimatica sostitutiva: impatto neurocognitivo,...

Offrire nuove alternative terapeutiche ai pazienti affetti da...

 

La fenilchetonuria (PKU) è una malattia metabolica ereditaria dovuta ad un difetto dell’enzima fenilalanina idrossilasi (PAH) e del cofattore tetrabiopterina (BH4).

Sono note 3 differenti forme riconosciute come iperfenilalaninemia (valori di fenilalanina <360 µmol/L), fenilchetonuria rispondente alla terapia con BH4, e fenilchetonuria classica.

La malattia è dovuta a mutazioni del gene PAH e, ad oggi, sono conosciute più di 300 differenti mutazioni.

Attualmente lo screening neonatale per la PKU è attivo nella maggior parte delle popolazioni in cui è presente un Sistema Sanitario efficiente, permettendo l’individuazione della malattia già dai primi giorni di vita.

La possibilità di riconoscerla precocemente e, di conseguenza, iniziare la terapia, permette di prevenire le alterazioni neurologiche e neurocognitive caratteristiche della malattia non trattata.

L’inizio della ricerca sulla terapia risale agli anni ‘50 e si basa su una dieta a ridotto contenuto di fenilalanina in combinazione con l’utilizzo di miscele aminoacidiche.

La compliance alla dietoterapia a lungo termine risulta spesso molto difficile, a causa della difficoltà nel seguire nel tempo una dieta ristretta nonché nell’utilizzo delle miscele aminoacidiche. Infatti, i pazienti affetti da PKU, soprattutto in età adolescenziale e adulta, spesso rifiutano le occasioni sociali, i viaggi, e anche la pratica di sport e attività ricreative a causa delle significative difficoltà legate alla gestione della dietoterapia.

I meccanismi fisiopatologici alla base dei deficit cognitivi e comportamentali associati alla PKU sono multifattoriali. Tra le ipotesi riportate in letteratura la più quotata è quella di una carenza di tirosina e del conseguente imbalance di neurotrasmettitori monoaminici nel cervello. Dati di letteratura evidenziano che soprattutto i pazienti in adolescenza e in età adulta possono esibire alterazioni nel funzionamento di specifiche abilità cognitive, in particolar modo nelle funzioni esecutive e nelle abilità attentive. Sono stati, inoltre, riportati quadri neurologici caratterizzati da tremore posturale, cinetico e iperreflessia, nonché segni neuroradiologici come alterazioni della sostanza bianca. Tali quadri sintomatologici sono stati segnalati in quei pazienti in cui il trattamento è stato sospeso o seguito con una scarsa aderenza e con difficoltà a mantenere i valori di fenilalanina all’interno del range consentito e riportato dalle linee guida.

Oltre alle possibili alterazioni del quadro neurocognitivo, i pazienti con PKU possono presentare depressione, ansia, iperattività, scarsa autostima, tendenza alla chiusura relazionale, nonché scarse autonomia e indipendenza.

La possibilità di offrire nuove alternative terapeutiche per quei pazienti che presentano importanti difficoltà di aderenza terapeutica, è fondamentale al fine di migliorare gli outcome biochimici e clinici e la qualità di vita dei pazienti stessi.

I nuovi trattamenti disponibili

Recentemente nuove terapie farmacologiche sono state proposte quali l’utilizzo di tetrabiopterina e della terapia enzimatica sostitutiva (ERT) con pegvaliase.

Dal 2018, la US Food and Drug Administration (FDA) e l’European Medicine Agency (EMA) hanno approvato l’utilizzo di pegvaliase per i pazienti >16 anni di età con livelli di fenilalanina >600 μmol/L. I pazienti trattati con pegvaliase, una volta raggiunto il target terapeutico, riducono i valori di fenilalanina nei range suggeriti dalle linee guida con un apporto dietetico normale.

Al momento attuale gli studi sono limitati sull’utilizzo della terapia enzimatica nella valutazione della funzionalità cognitiva a lungo termine.

I risultati degli studi sulla ERT

L’utilizzo di pegvaliase è stato largamente studiato in modelli animali, ottenendo un miglioramento degli aspetti comportamentali e cognitivi alterati, presentati dai topi trattati.

Recenti studi hanno analizzato in pazienti adulti affetti da PKU trattati con pegvaliase, la presenza di una possibile correlazione tra la riduzione dei valori di fenilalanina e il miglioramento delle abilità attentive, soggettivamente percepite dai pazienti stessi.

Tali studi riportano che, in concomitanza con la riduzione dei valori di fenilalanina (< 360 μmol/L), i pazienti riferiscono un sostanziale miglioramento dei sintomi legati alle difficoltà di attenzione, misurati mediante lo strumento ADHD RS-IV (Attention Deficit/Hyperactivity Disorder Rating Scale IV).

I risultati sono comparabili con quanto visto in pazienti PKU che mostrano un miglioramento della sintomatologia cognitiva in relazione ad un miglior controllo dei valori di fenilalanina.

Uno studio randomizzato in doppio cieco è stato condotto con l’utilizzo di uno strumento computerizzato e validato, composto da richieste “performance-based” maggiormente sensibile alla valutazione delle funzioni esecutive nei pazienti adulti (CANTAB). Lo studio riporta che i pazienti trattati con pegvaliase esprimono un miglioramento della sintomatologia inattentiva, rispetto al gruppo placebo. Gli autori evidenziano che i pazienti presentano un numero di errori inferiore nei compiti relativi al funzionamento della working memory rispetto al gruppo placebo. Quest’ultimo presenta, inoltre, peggiori prestazioni in compiti relativi al controllo inibitorio e alla flessibilità cognitiva.

È stata anche valutata la variazione nell’andamento del tono dell’umore dei pazienti adulti in trattamento con pegvaliase, misurato mediante la somministrazione di una versione dedicata dello strumento POMS (Profile of Mood State). I pazienti descritti riportano un significativo miglioramento del tono dell’umore in parallelo con la riduzione dei valori di fenilalanina. Tale miglioramento risulta significativo nella scala atta a misurare la percezione soggettiva di confusione/sconcerto e resta stabile anche dopo 24 mesi.

Ed, inoltre, è stata valutata la motivazione espressa dai pazienti di fronte alla scelta di intraprendere il trattamento con pegvaliase.

Alcuni studi riportano che nel campione di pazienti adulti affetti da PKU, intervistati mediante survey dedicate, solo una minoranza afferma di essere soddisfatta della terapia dietetica, mentre ritiene molto importante la possibilità di poter contare su nuove terapie, nonostante la consapevolezza del rischio di gravi reazioni di ipersensibilità.

Questi risultati rafforzano, da un lato, il significativo impatto che la dietoterapia esercita sulla qualità di vita del paziente e, dall’altro, la volontà del paziente stesso di riacquisire un controllo dell’andamento dei valori e di conseguenza un miglioramento del benessere percepito.

Va segnalato che uno studio recente riporta risultati sostanzialmente opposti, evidenziando che il 53% dei pazienti intervistati rifiuta di iniziare il trattamento con pegvaliase per paura degli eventi avversi e per mancanza di motivazione.

Tuttavia, gli stessi pazienti mostrano, nelle 4 settimane successive all’intervista, una riduzione dei livelli di fenilalanina. Da questo studio si evince che la prospettiva di un nuovo trattamento, anche se rifiutato, può riattivare nei pazienti adulti la consapevolezza di malattia, riportando l’attenzione sulla dietoterapia e quindi sulla possibilità di migliorare l’aderenza e conseguentemente ridurre i livelli di fenilalanina.

Il percorso offerto ai pazienti

Alla luce dei risultati riportati negli studi analizzati, si sottolinea l’importanza di considerare per i pazienti adulti un approccio differente atto a favorire l’elaborazione dei vissuti relativi alla malattia, al fine di migliorare la consapevolezza nonché la motivazione al raggiungimento di una migliore qualità di vita.

Nel caso in cui il paziente inizi il trattamento con pegvaliase, diventa mandatoria una presa in carico multidisciplinare, al fine di garantire un dedicato percorso educativo e psicologico che supporti una completamente nuova esperienza terapeutica.

Nella nostra seppur limitata esperienza nell’utilizzo di pegvaliase, in pazienti con forma classica con scarsa aderenza alla dietoterapia e valori costantemente elevati di fenilalanina, il percorso offerto ai pazienti ha previsto un approccio multidisciplinare e personalizzato. Infatti, oltre all’aspetto clinico della patologia, sono stati valutati i bisogni e la storia personale di ogni paziente. Inoltre, è stato predisposto per i pazienti un dedicato assessment della funzionalità cognitiva, psicologica e neurologica, utilizzando strumenti riconosciuti come maggiormente adatti alla valutazione del paziente affetto da PKU (Tab 1.)

tab 1

In particolare, l’approccio psicologico è risultato fondamentale nella gestione dell’ansia e della preoccupazione relative agli eventi avversi, ma anche relative all’attesa della riduzione dei livelli di fenilalanina ed al ruolo della dieta, che assume una valenza differente nel vissuto di malattia.

Conclusioni

In definitiva, sebbene i dati di letteratura e le esperienze personali siano ancora limitate, il trattamento con pegvaliase deve essere considerato nei pazienti che manifestano importanti difficoltà di adesione alla dietoterapia, e conseguenti valori elevati di fenilalanina che si ripercuotono sugli aspetti neurologici e neurocognitivi della malattia. Dare la possibilità al paziente di raggiungere non solo adeguati outcome cognitivi e neuropsicologici ma anche un miglioramento della qualità di vita, è un obiettivo primario nella cura dei pazienti affetti da PKU.

 

Bibliografia

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